La produzione di olio di cocco può essere più dannosa per l’ambiente dell’olio di palma, dicono i ricercatori. La questione delle foreste tropicali abbattute per la produzione di olio di palma è ampiamente conosciuta, ma solo un nuovo studio è stato in grado di affermare che l’olio di cocco minaccia più specie per litro prodotto che la palma o altri oli vegetali.
I ricercatori usano questo esempio per evidenziare le difficoltà del “consumo coscienzioso”. Affermano cioè che i consumatori non hanno una guida obiettiva sugli impatti ambientali della produzione di colture, minando la loro capacità di prendere decisioni informate. “Il risultato del nostro studio è stato una sorpresa”, ha detto l’autore principale Erik Meijaard, di Borneo Futures nel Brunei Darussalam. “Molti consumatori in Occidente pensano ai prodotti di cocco come sani e alla loro produzione relativamente innocua per l’ambiente. Come si è scoperto, però, dobbiamo ripensare agli impatti del cocco”.
Il rischio sull’ambiente
Il co-autore Dr Jesse F. Abrams, del Global Systems Institute e dell’Institute for Data Science and Artificial Intelligence, entrambi all’Università di Exeter, ha aggiunto: “I consumatori, specialmente quelli che si sforzano di essere più responsabili nel loro consumo, fanno molto affidamento sulle informazioni che ricevono dai media, che sono spesso fornite da coloro che hanno interessi acquisiti. Quando prendiamo decisioni su ciò che compriamo, dobbiamo essere consapevoli dei nostri pregiudizi culturali ed esaminare il problema da una lente che non sia basata solo sulle prospettive occidentali per evitare pericolosi doppi standard”.
Secondo lo studio, la produzione di olio di cocco riguarda 20 specie minacciate (comprese piante e animali) per milione di litri di olio prodotto. Questo è più alto di altre colture olearie, come la palma (3,8 specie per milione di litri), l’oliva (4,1) e la soia (1,3).
Perché l’olio di cocco è pericoloso
Lo studio mostra che la ragione principale per l’alto numero di specie colpite dalla noce di cocco è che la coltura è principalmente realizzata su isole tropicali con una ricca diversità e molte specie uniche. L’impatto sulle specie minacciate è di solito misurato in base al numero di specie colpite per ettaro quadrato di terreno utilizzato – e con questa misura l’impatto della palma è peggiore di quello del cocco.
Si pensa peraltro che la coltivazione del cocco abbia contribuito all’estinzione di un certo numero di specie insulari, tra cui l’occhio bianco di Marianna alle Seychelles e la volpe volante di Giava Ontong delle Isole Salomone. Le specie non ancora estinte ma minacciate dalla produzione di cocco includono il cervo-topo Balabac, che vive su tre isole delle Filippine, e il tarsio di Sangihe, un primate che vive sull’isola indonesiana di Sangihe.
Meglio puntare sulla sostenibilità
Gli autori, tuttavia, sottolineano che l’obiettivo dello studio non è quello di aggiungere il cocco alla crescente lista di prodotti che i consumatori dovrebbero evitare, visto e considerato che anche altre colture, come le olive, sollevano preoccupazioni.
Il co-autore professor Douglas Sheil, dell’Università norvegese di Scienze della Vita, ha detto: “I consumatori devono rendersi conto che tutti i nostri prodotti agricoli, e non solo le colture tropicali, hanno un impatto ambientale negativo. Abbiamo bisogno di fornire ai consumatori informazioni valide per guidare le loro scelte”.
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